“Una città può essere definita intelligente, o smart city, quando gli investimenti effettuati in infrastrutture di comunicazione, tradizionali (trasporti) e moderne (ICT), riferite al capitale umano e sociale, assicurano uno sviluppo economico sostenibile e un’alta qualità della vita, una gestione sapiente delle risorse naturali, attraverso l’impegno e l’azione partecipativa.”
— Gildo Seisdedos Domínguez
Lo scenario attuale è caratterizzato da una globale connettività dove flussi ininterrotti di informazioni si muovono attraverso processi socio-economici multiscala. Contemporaneamente gli agglomerati territoriali si evolvono, in un nuovo e continuo cambiamento del paesaggio. La città, elemento cruciale della società industriale negli ultimi due secoli, dovrà essere ridefinita in relazione allo spazio di connessione globale e alla cosiddetta economia knowledge-based, dove la merce di scambio è la conoscenza, libera sia dal valore monetario che da confini fisici.
La crescente disponibilità di dati, non solo crea nuove opportunità per il monitoraggio e la gestione, ma cambia anche radicalmente il nostro modo di descrivere, comprendere e disegnare la città, sfidando molti criteri fondamentali della progettazione e della pianificazione. Utilizzando i dati provenienti dalle sperimentazioni all’interno della città siamo in grado di sviluppare nuove soluzioni ai problemi che realmente interessano i nostri spazi urbani. Questo potrebbe includere qualsiasi cosa, da applicazioni che raccontano come attraversare la città con minima esposizione all’inquinamento atmosferico, ad altre che possono migliorare l’esperienza del cittadino nel lungo termine. Se siamo in grado di integrare intelligenza e sensori in un albero per raccogliere dati sulla biodiversità, se siamo in grado di programmare la rete dell’acqua di un intero quartiere per essere sensibile e reattiva, se siamo in grado di codificare i protocolli per reagire dinamicamente a questi dati, le città diventano realtà pensanti. Non sono più un insieme di infrastrutture passive ma un ambiente attivo e un complesso in grado di produrre un feedback, di comunicare, di dialogare, di generare innovazione.
Molte città hanno adottato sistemi di analisi real-time per gestire alcune delle proprie funzioni. L’esempio più comune potrebbe essere quello del movimento dei veicoli all’interno della griglia urbana, dove i dati provenienti da sensori arrivano in tempo reale a un centro di controllo per monitorare i livelli di traffico e per regolare il funzionamento dei semafori e dei limiti di velocità di conseguenza. Molte città, come per esempio Londra e la vicina Firenze, utilizzano sistemi chiamati dashboard per comunicare ai cittadini flussi tematizzati di dati real-time, come le informazioni riguardanti le previsioni meteo, l’inquinamento, gli orari e i ritardi del trasporto pubblico, la disponibilità dei parcheggi o delle stazioni di noleggio bici, i trend popolari su Twitter. Invece di fornire dati grezzi questi sistemi li elaborano per produrre visualizzazioni che aiutano l’interpretazione e l’analisi, specialmente in favore degli utenti meno esperti.
Per coloro che sviluppano questi sistemi integrati per l’analisi dei dati, app e dashboard forniscono un potente mezzo per dare un senso alla gestione della città e per prevedere scenari futuri. Piuttosto che basare le decisioni sui sondaggi o sull’intuizione, è possibile valutare ciò che succede in ogni momento in modo tale da poter reagire e pianificare di conseguenza.
La direzione di questa ricerca ha recentemente attirato scienziati provenienti da diverse discipline, acquistando importanza in settori quali la pianificazione urbana, la mobilità sostenibile, l’ingegneria dei trasporti, la sanità pubblica e la previsione economica. Numerosi progetti, in Europa e nel mondo, hanno dimostrato come sostenere il complesso processo di scoperta delle conoscenze dai dati sia in grado di supportare le decisioni nella gestione della mobilità e del trasporto, rivelando l’impressionante potere analitico di dati di grande mobilità.
La grande sfida per un nuovo metabolismo urbano risiede nella capacità della città di interagire, per dare e ricevere informazioni tra nodi interconnessi a diverse scale (infrastrutture, edifici, elementi dello spazio pubblico, condizioni ambientali, flussi).
La città è una rete di connessioni fra gli esseri umani e le loro attività e nacque proprio da questa esigenza sociale: individui raggruppati in modo da ridurre al minimo le distanze di comunicazione, aumentando il numero di nodi di connessione. L’evoluzione dei dati, della comunicazione e dei metodi di connessione attraverso i quali questi vengono scambiati, genera allora un nuovo modello di città futuro, che dà un ruolo di primo piano alle tecnologie dell’informazione, nonché una responsabilizzazione dell’utente in termini di interazione e di innovazione.
Ma rimane ancora una questione antropologica da sciogliere. Noi, esseri umani, creiamo informazioni con vari mezzi: attraverso l’esperienza sensoriale, attraverso l’esposizione a lungo termine a un luogo e, sì, filtrando sistematicamente i dati. È essenziale creare spazio nelle nostre città per quei diversi metodi di produzione della conoscenza. Dobbiamo affrontare le implicazioni politiche ed etiche dei nostri metodi e modelli, incorporati in tutti gli atti di progettazione e pianificazione. La costruzione della città è sempre, contemporaneamente, un atto di conoscenza della stessa città, che non può essere ridotto al calcolo e alla modellazione e che nasce proprio dall’esigenza di ridurre l’aleatorietà a vantaggio dello studio.