Siamo giunti alla fine dell’evento che negli ultimi mesi è stato al centro delle discussioni di molti italiani (e non solo), che hanno avuto la possibilità di parteciparvi e di trarre le loro personalissime conclusioni. Stiamo ovviamente parlando dell’EXPO 2015, l’esposizione universale incentrata sul tema dell’alimentazione che quest’anno si è tenuta nel nostro paese e che in un certo senso serviva a rilanciare l’immagine dell’Italia agli occhi del mondo.

I commenti scaturiti dalle centinaia di migliaia di persone che giorno dopo giorno hanno vagato in lungo e in largo per i padiglioni espositivi sono stati molto variegati, e, a volerli riassumere in maniera quasi banale, se ne sono letti di positivi e di negativi: c’è chi si è lamentato delle interminabili code, della scarsa organizzazione, dei prezzi alti, e chi, al contrario, ha vissuto quest’esperienza nel migliore dei modi, andando oltre i disagi, soffermandosi sugli aspetti comunicativi e sulle belle iniziative avviate.

Ma al di là di qualsiasi opinione, condivisibile o meno, è interessante conoscere un retroscena sulla progettazione del masterplan dell’area dedicata alla manifestazione. Quando nel 2009 i progettisti tra cui Stefano Boeri e Jacques Herzog hanno presentato il masterplan definitivo per EXPO 2015, era chiaro a tutti che ci si trovava di fronte ad un format allo stesso tempo semplice e rivoluzionario: l’intento, usando le parole dello stesso Boeri, era quello di “portare il mondo a coltivare un pezzo di terra a Milano”. L’estrema semplicità del concept urbanistico, un giardino planetario strutturato come l’antica città romana, con il cardo ed il decumano a fare da spina dorsale lungo cui si interfacciano tutti i padiglioni e gli eventi, si combinava ad una visione innovativa atta a rivoluzionare il concetto stesso di Esposizione Mondiale: una serie di strutture temporanee e standardizzate avrebbero sostituito i padiglioni individuali di ogni Paese. In tal modo il visitatore si sarebbe potuto immergere nella diversità delle culture agroalimentari mondiali percorrendo in un’unica passeggiata ininterrotta un mosaico botanico universale, in cui ogni nazione si sarebbe differenziata non per la maestosità e l’autocelebrazione dei propri padiglioni, ma per i contenuti riguardanti un tema importante e delicato quale l’alimentazione.

Evidentemente qualcosa è andato storto, tanto che lo stesso Herzog ed altri architetti si sono dissociati dalla realizzazione del progetto, manifestando la propria delusione riguardo gli sviluppi di un’opera urbanistica che avrebbe cancellato il piattume e la noia delle ultime Esposizioni Universali, che negli ultimi anni sono diventate puro intrattenimento e spreco di soldi e risorse. Ancora una volta il consumismo ha prevalso sul buonsenso, il potere delle multinazionali ha prevalso su un atteggiamento sostenibile ed economico, mostrando il lato oscuro di EXPO 2015…


Vista aerea © http://urbanfilemilano.blogspot.it/
Immagini © Herzog & De Meuron