Violeta Estellés
“Violeta Estellés!” “Sí, sono io. La mia scelta è Pisa.”
Così iniziò la mia piccola e tanto sperata esperienza Erasmus. Era un giorno di aprile e quando arrivò il mio turno, avevo un biglietto singolo per Pisa. Dopo tante peripezie, quel posto era il mio, aveva il mio nome. Dicono che i primi passi non sono mai facili, ed anche questo caso non è stato un’eccezione: all’Università inizi con la burocrazia. Passi tantissime ore a cercare le materie dell’Università di destinazione che vadano bene per ricevere il famoso “Learning Agreement”, ma dato che nella vita non tutto va per il verso giusto, una volta arrivato, ti accorgi che il tuo piano di studio ha bisogno di essere cambiato una e mille volte. Però, tu non rinunci. Così, mentre fai tutti i documenti, inizi a cercare casa.
Ho avuto tanta fortuna, perché dopo poche settimane di ricerca, ho trovato in rete un annuncio di affitto di una stanza. Mai avrei pensato che questo annuncio cambiasse così tanto la mia vita in Erasmus.
Ok, sembra che hai tutto il necessario per partire. Dopo un centinaio di saluti a familiari e amici, e dopo le raccomandazioni di tua nonna di “non avvicinarti troppo agli italiani, perché tutti noi sappiamo che ottengono quello che vogliono”, inizia il viaggio, ti ritrovi sull’aereo. Quando atterri, sai che la tua vita in qualche modo cambierà, conoscerai nuove persone, e forse con un po’ di fortuna ti resteranno dei bei ricordi: in realtà è molto di più. Alla fine, si crea un “micro mondo”, con nuovi amici, italiani o altri Erasmus, che diventano la tua famiglia, con cui convivi ogni giorno, e capisci com’è meraviglioso questo momento che trascorri assieme. Ho avuto la fortuna di trovare una casa con inquilini italiani. Ero sicura di voler imparare la lingua e i costumi, anche se questo mi costringeva ad uscire dalla mia “zona di comfort”, condivisa solamente con compagni spagnoli; allo stesso tempo, volevo conoscere meglio questo magnifico paese che è Italia. Non poteva esserci modo migliore che condividere questa esperienza con i coinquilini che ho trovato, che in poco tempo sono diventati grandi amici. Va bene, amici che ti strillano quando vedono come cucini la pasta, ma, adesso che sono lontana, posso dire che loro NON sapevano fare la paella, e neanche una buona frittata di patate, ma gli voglio bene ugualmente. In realtà, ognuno faceva la sua parte: loro mi cucinavano tantissime ricette (una più buona dell’altra) ed io gli cucinavo il cibo spagnolo.
Dopo la prima settimana, iniziano ad arrivare gli altri Erasmus, conosci tante persone e ti crei il tuo gruppo di amici. Inevitabilmente, sei sempre insieme ad altri spagnoli (anche se ho stretto grandi amicizie con tedeschi e portoghesi). Con tutti loro, esci la sera, ti diverti, ti ubriachi (quasi tutti i giorni), diventano tuoi confidenti e con loro viaggi dal nord al sud dell’Italia.
So che non ho parlato delle lezioni, o degli esami, ma il motivo è semplice: ti adatti. Lo farai nel migliore o nel peggiore dei modi, ma fa parte della borsa di studio e dovrai farci i conti.
Dicono che è una borsa di “studio”, in realtà secondo me è una borsa per imparare a sopravvivere, a vivere. Impari a cercare le soluzioni a tutti problemi si possono avere in un paese straniero, con una lingua che non conosci bene, ed impari a superare tutte le paure, diventando più indipendente. Se qualcuno oggi mi chiedesse qual è la cosa peggiore, la risposta sarebbe troppo semplice: salutare.
Ma, come mi disse mio padre mentre gli raccontavo che ero triste perché dovevo lasciare tutto e tutti, a due giorni dal mio rientro in Spagna: “meglio avere tristezza, che la voglia di ritornare. Lasciare qualcosa è molto meglio che non lasciare nulla!”
Ed è certo. L’Erasmus si fa una volta nella vita, però è per tutta la tua vita.
-¡Violeta Estellés! — Sí, soy yo. Elijo Pisa.
Así comenzó mi pequeña y tan esperada experiencia Erasmus. Era un día de abril, y en la subasta de la universidad en el momento de mi turno, quedaba una única plaza para Pisa, después de tanto tiempo, esa plaza era mía, tenía mi nombre. Dicen que los primeros pasos nunca fueron fáciles, y para que esto no fuera una excepción: en tu Universidad te piden que empieces con toda la burocracia. Te pasas las horas buscando asignaturas de tu universidad de destino, para así conseguir que te firmen el famoso “Learning agreemen”. Pero como todo en esta vida no es bonito, una vez llegas allí, compruebas que tu contrato de estudios tienes que cambiarlo una y mil veces. Pero tu no te rindes. Así que mientras completas todos los documentos, empiezas a buscar piso.
Yo personalmente tuve mucha suerte porque en apenas pocas semanas de búsqueda, vi en una red social un anuncio de alquiler de habitación, que jamás pensé que cambiaría tanto mi vida Erasmus. Pues ya está, lo básico parece que lo tienes. Tras mil despedidas de familiares y amigos, y recomendaciones de tu abuela de: “ no te “arrimes” mucho a los italianos por qué todos sabemos que van a lo que van”, te subes al avión. Al aterrizar, sabes que tu vida cambiará, que conocerás gente, y quizá crearás buenos recuerdos: pero en realidad es mucho más que eso. Acabas creando un “micro-mundo”, tus nuevos amigos, ya sean italianos o el resto de Erasmus, se convierten en tu familia, con quien convives día a día, quien entiende cuánto maravilloso es lo que estáis viviendo allí juntos. Tuve la suerte de encontrar casa con compañeros de piso italianos. Estaba segura de que era la mejor forma de aprender el idioma y las costumbres, aunque esto supusiese salir un poco de la “zona de confort” que te da convivir con españoles; y al mismo tiempo adentrarme un poco más en ese maravilloso país que es Italia. Y lo mejor, es que no podría haber encontrado compañeros mejores, que en poco tiempo se convirtieron en grandes amigos. Bueno, amigos que te chillan y se horrorizan cada vez que vas a cocinar pasta. Pero ahora que puedo hablar con libertad, queridos italianos… NO sabéis hacer paellas, ni tampoco tortilla de patatas. Así que cada uno con lo suyo: ellos me cocinaban muchísimas recetas típicas (cada cual más buena) y yo me dedicaba a la comida española.
Después de una primera semana, empiezan a llegar el resto de Erasmus, conoces a mucha gente, y a crear tu grupo de amigos. Como “la tierra tira”, acabas juntándote con españoles (aunque también hice grandes amigos alemanes y portugueses). Con todos ellos, sales, te emborrachas , compartes confidencias y viajas del norte al sud de Italia. Sé que no he hablado, de las clases, de los exámenes, pero el motivo es sencillo: te adaptas. Lo harás mejor o peor, pero es parte de esta beca de estudios.
Dicen que es una beca de estudios, pero en realidad es una beca para aprender a sobrevivir, pero sobre todo aprendes a vivir. Aprendes, a buscarte la vida en un país extranjero, con un idioma que no conoces, a perder miedos, a ser independiente. Si me preguntaran ¿qué fue lo peor? La respuesta es facilísima: la despedida. Pero como me dijo mi padre dos días antes de volver “mejor tener pena que ganas de volver. Dejar algo es mejor que no dejar nada”.
Y es verdad. El Erasmus se hace una vez en la vida, pero es para toda la vida.