Di fronte al tema del #freespace i Paesi Nordici hanno risposto con #anothergenerosity, un intervento che mira a destabilizzare una visione antropocentrica del mondo per favorire soluzioni, prima filosofiche che tecnologiche, che mirino alla realizzazione di una relazione simbiotica tra l’ambiente costruito e quello naturale; questo spirito è riassunto dal motto del padiglione: “A generosity not just between humans, but between humans and nature”.

Sicuramente la cornice disegnata da Sverre Fehn, contribuisce alla gradevolezza dell’esperienza complessiva; c’è da dire però che i curatori Eero Lundén (Lundén Architecture Company) e Juulia Kauste sono riusciti a inserirsi nello spazio in maniera interessante. Hanno proposto, come metafora dell’auspicata rinnovata relazione tra ambiente naturale e costruito, degli elementi dalle forme organiche, grandi abbastanza da avere una presenza significativa nel padiglione. Questi oggetti imitano delle strutture cellulari, sono realizzati in materiale plastico trasparente e opaco, cambiano colore e conformazione per contatto o a seconda della variazione delle condizioni d’illuminazione e umidità ambientali.

È un invito alla riflessione sulla relazione tra l’ambiente edificato e la natura e di come questa possa essere modificata tramite un uso erudito della tecnologia.

La riflessione, come associazione culturale, ci piace moltissimo e ci coinvolge attivamente dato che, nella nostra ultima pubblicazione D1GIT, Olga Carcassi aveva proposto nel suo articolo considerazioni molto vicine a questa.

Gli interrogativi di fronte ai quali l’installazione ci pone fanno tutti capo alla necessità di reinterpretare l’uso che facciamo della tecnica e della tecnologia in modo da spostare l’attenzione dal raggiungimento di determinati standard di efficienza alla più stringente necessità di modificare drasticamente il modo che abbiamo di abitare il pianeta: è possibile un modus operandi del genere umano che si discosti dall’antropocentrismo e si diriga verso un atteggiamento simbiotico con l’ambiente? Intendere l’edificio come organismo dell’ecosistema può essere una strada per pensare alla sostenibilità e all’architettura come coese? In questo scenario quale ruolo assume l’architetto?

A noi questo contributo ha convinto per la sua capacità di suscitare domande significative tramite un’installazione delicata, di sensibilità scandinava.