Francesco Guerra


Il progetto fotografico sulle Dolomiti nacque, più o meno per caso, nell’agosto 2014. Avevo organizzato, insieme a due amici, un viaggio, zaino in spalla, lungo tutto il Trentino Alto Adige, da cui avrei voluto ricavarne un piccolo documentario dell’esperienza, e, più importante, un reportage fotografico di viaggio, in cui avrei ripreso persone, usi e costumi di quella regione.

Nei mesi prima della partenza avevo approfondito la figura del fotografo statunitense Ansel Adams, pioniere della fotografia paesaggistica, e ne ero rimasto totalmente folgorato. Adoravo quei paesaggi in bianco e nero, dove l’attenzione non si disperdeva tra i vari colori che la natura offre, ma c’era una maggiore focalizzazione sulle forme delle montagne e del paesaggio, le linee che si creavano, i contrasti tra luce ed ombra, e le prospettive fantastiche offerte dalla natura selvaggia.

Arrivato sulla cima del Latemar, la prima cima che raggiunsi durante il viaggio, dimenticai completamente il reportage di viaggio che avevo progettato. Rapito dall’aspra bellezza di quelle montagne, decisi di dedicare tutto il viaggio a fotografarle, cercando forme, contrasti, simmetrie ed in alcuni casi, aiutato dalle nuvole, paesaggi irreali.

Ho scelto il bianco e nero per tre principali motivi. Il primo, il più ovvio, è stato quello di omaggiare il fotografo che mi ha ispirato per questo progetto, Ansel Adams, cercando di mettere in pratica quello che avevo appreso nei mesi precedenti. Il secondo motivo per la quale ho scelto di eliminare il colore è legato ad un’idea che è lentamente cresciuta in me, mentre fotografavo. Penso che il colore abbia sì una sua forza espressiva, ma in alcuni casi credo che distragga l’osservatore da quello che è il messaggio che una fotografia vuole comunicare, distraendolo troppo con le diverse tonalità. Con il bianco e nero ho scelto di focalizzarmi di più su luci ed ombre, sui contrasti che queste creano sulle montagne, come per la prima foto della serie, e sulle forme e la prospettiva che formano,  come nella quarta foto della serie, che per scherzo chiamo “l’elettrocardiogramma”, per la configurazione che hanno quelle creste montuose. Inoltre, almeno secondo un mio personale punto di vista, il bianco e nero evoca sensazioni e tocca corde interiori che spesso i colori non riescono a sfiorare. Il terzo ed ultimo motivo è personale. Le prime cinque foto le ho scattate usando un teleobiettivo zoom, un obiettivo che a dire il vero non uso molto. La scelta è ricaduta su questa ottica per volermi avvicinare a quei monti, volevo entrare in simbiosi con loro, ma per farlo ho dovuto escludere la maggior parte del paesaggio attorno, per potermi focalizzare solo su ciò che più suscitava il mio interesse, mentre per le altre cinque ho scelto di usare un grandangolo zoom, prediligendo l’ampiezza degli spazi, ed in alcuni casi il tocco surreale che le nuvole (onnipresenti durante tutto il mio viaggio) davano.

In conclusione, il progetto “Dolomiti”, è sì un progetto di fotografia paesaggistica, ma posso dire di averci messo me stesso in quegli scatti, ed in un modo più o meno velato, ognuna delle dieci foto, mi rappresenta.