Maria Teresa Bartalena


Mi propongo di rispondere alla pillola “Forma Formale Formalismo” che riguardava i concetti di forma e formalismo. In quanto fuori dall’ambiente degli studi di architettura non pretendo certo di comprendere cosa questo significhi nel vostro ambito, ma ho pensato che fosse una buona idea attingere al mio — seppur modesto — sapere in campo giuridico e, con un brevissimo scorcio su alcune teorie di filosofia del diritto senza ovviamente entrare nel dettaglio né esaurire la descrizione, cercare di darvi uno spunto di riflessione su come la forma è interpretata secondo queste teorie.

Vi è nell’ambito della filosofia del diritto una corrente di pensiero denominata “formalismo giuridico”. Essa ha assunto nel tempo diverse accezioni, più che altro diverse sfumature di significato. L’interpretazione più immediata è quella che vede la forma come un modo di rappresentazione della volontà di un classe, di una popolazione o di un soggetto. Un esempio pratico è un contratto: attraverso di esso si manifesta esteriormente la volontà interiore ed in questo modo, e solo in questo modo, si è in grado di entrare in relazione con altri soggetti. Questa visione, sebbene sia piuttosto semplicistica, evidenzia subito una funzione della forma che io ritengo molto interessante: la sua capacità di mettere in contatto soggetti.

Un’altra declinazione del formalismo giuridico è quella che più mi interessava sottoporre alla vostra attenzione, e quella forse più rigorosa: secondo questa concezione è giusto ciò che è conforme alla legge ed è ingiusto ciò che non lo è. In questo senso la legge, come prodotto formale, viene elevata a metro di giudizio per discernere ciò che è giusto da ciò che è ingiusto. E se questo può sembrare assurdo e può, a mio parere, portare a dei risultati poco ortodossi, ci permette di avere un’altra idea di forma: essa è ciò che dà ordine.

Questa breve, ed incompleta, parentesi giuridica per chiedermi se allora l’architettura non possa attingere a queste due idee di forma affinché essa non sia un neutro contorno delle cose o delle case, ma perché abbia un significato assiologico. Forma allora sarebbe ciò che, dando un ordine all’ambiente, al mondo, permette alle persone di porsi in relazione tra loro, magari in maniera più armonica. In questo modo non sarebbe più così specioso sentire questa parola: ‘formale’, ma rimanderebbe istantaneamente ad un concetto se non di perfezione di aggregazione e di equilibrio comico. Sto forse sognando?


Forma Formale Formalismo

Vorrei usare la mia pillola per togliermi un sassolino che ho nella scarpa da un po’, anzi da un bel po’. Vorrei parlare della forma e di tutte le sue declinazioni, senza le quali sembra impossibile fare una frase di senso compiuto o, peggio ancora, architettonicamente convincente. Quando la sento il mio cervello smette di funzionare e sento un brivido che sale su tutta la schiena e la bocca mi si paralizza in un sorriso forzato.
Prima di tutto segnalo il tanto amato “puro esercizio formale”, ossia, detto in poche parole, “faccio delle prove di forme diverse, le scombussolo un po’ e vedo quale più mi aggrada”. Oppure “ ragazzi, ma questo è un puro formalismo”! Sì perché il puro prima è d’obbligo. Scherzi a parte, vorrei ridarle, quindi, la dignità e il peso che si merita questa poverina. Ecco che un argomento che trovo estremamente stimolante a questo fine è il legame tra forma, funzionalità e bellezza. Ma questo sarà approfondito nella prossima pillola.


In copertina, “La Scuola di Atene”, Raffaele Sanzio, affresco 770×500 cm circa, 1509–1510, Stanza della Segnatura, Palazzi Apostolici, Città del Vaticano.