Marco Carli
Alle api piacciono i fiori. Anche alle donne piacciono i fiori e non sarà facile trovare qualcuno che sostenga a spada tratta l’idea che i fiori siano brutti. I fiori quindi sono belli per tutti? I tramonti? Le cascate? Esiste qualcosa che nel nostro mondo può essere definita bella universalmente, qualcosa che il nostro cervello può cogliere come bello a prescindere dalle influenze culturali e personali?
La risposta non è affatto semplice. Senza entrare nel dettaglio di cosa sia il bello e come l’arte lo insegua (si potrebbe parlare per ore di come lo insegua e se effettivamente lo insegua), esistono delle regole del bello neurologico? Alcuni scienziati, pochi a dire il vero, si sono occupati di Neuroestetica e sembrano aver trovato qualche elemento a favore di un bello universalmente riconosciuto dal nostro cervello. A cosa ci serva poi apprezzare il bello da un punto di vista biologico è un altro discorso, ancora più complesso e misterioso.
Vilayanur Ramachandran, uno dei massimi esperti del settore, individua 7 regole universali. Una di queste è l’avversione per le coincidenze. Immaginiamo di disegnare due colline di sfondo e una palma in primo piano. La palma può trovarsi in tutti i punti della scena ovviamente. Ma se noi disegniamo la palma proprio al centro tra le due colline, avremo una qualche avversione per l’immagine risultante. Se pensiamo alla scena come ad una scena reale, ci si rende conto che l’immagine della palma al centro sarebbe possibile solo da un unico punto di vista, la coincidenza appunto, mentre la palma decentrata fa riferimento a molteplici punti di vista. Quindi le immagini con una palma casuale piuttosto che al centro sono molto più comuni nel nostro vissuto. L’immagine della palma al centro è una coincidenza sospetta e il cervello cerca sempre di trovare un’altra interpretazione generica e plausibile per evitare la coincidenza. Se non la trova, l’immagine risulta sgradevole.
Se prendiamo la famosa illusione ottica dei tre cerchietti neri senza uno spicchio che descrivono un triangolo, in realtà non c’è nessun triangolo ma noi lo percepiamo. Infatti, il cervello si insospettisce di fronte alla coincidenza dei tre cerchietti disposti casualmente proprio in quel modo e decide che è più plausibile che ci sia un triangolo bianco che li copre in parte, disegnando gli spicchi. Quindi l’apparato visivo trova il modo di spiegare la coincidenza con un’interpretazione che gli piace. Una analoga operazione non può essere effettuata per la palma al centro delle due colline: il cervello cerca di interpretare la coincidenza, ma non ci riesce e ne esce frustrato.