Andrea Baglini, Michele Grazzini, Giacomo Massoni
Tessere come voce verbale: intrecciare fili ortogonali seguendo ordito e trama.
Tessere come i frammenti di quell’articolato mosaico rappresentato dal contesto.
Abbiamo cercato di raccontare così la complessità architettonica del Centro direzionale della Banca MPS, progettata e realizzata a Siena da Augusto Mazzini (e collaboratori) tra il 1993 e il 1998.
Centro direzionale Banca Mps (1993–1998) -Arch. : Augusto Mazzini -Coll. : G.Barsacchi, L.Capacci, C.Falleroni, L.Furiozzi, M.Gsching, E.Grundmann, Z.Mesutoglu, C.Mori, R.Sforzi. -Calcoli: G.Carniello. -Ingresso principale da Viale Mazzini, Siena. (Foto autunno 2012). Il compito della architettura è convertire gli spazi in luoghi e, se ciò accade, essi diventano porzioni di città, espressioni del proprio tempo e del contesto territoriale che contribuiscono a formare; i buoni edifici, dunque, non si oppongono presuntuosamente al luogo dato ma, al contrario, ne assumono le proprietà latenti elevando le qualità di un insieme dove il nuovo include il passato tenendolo come sfondo.
In queste righe abbiamo cercato di riassumere il pensiero che caratterizza la progettazione di Augusto Mazzini [1] e che possiamo riscontrare nel Centro direzionale della Banca MPS a Siena (1991–98). L’opera si inserisce in un vuoto urbano in cui sorgeva la stazione di testa della ferrovia leopoldina (1848), demolita attorno al 1930 quando si realizzò la nuova stazione nel fondovalle. Il complesso, che è frutto di un attento piano di recupero urbanistico, appare dalle viste aeree circondato da tre strade; il grande salto di quota (circa 15 m), coperto con il progressivo digradare dei livelli che ne attutisce la mole volumetrica, fa assumere all’edificio le sembianze di una cittadella contenuta e in parte celata dietro un recinto murario.
Inserimento del complesso direzionale nel tessuto urbano di Siena. Foto aerea di Bruno Bruchi
La composizione planimetrica dell’organismo edilizio, compatto ed equilibrato pur nella sua complessa articolazione, è una derivazione della disposizione a piastra forata basata sui principi del Mat Building; l’Orfanotrofio di Amsterdam di Aldo van Eyck e il progetto dell’ospedale di Venezia di Le Corbusier ne sono gli esempi più noti. Un “tappeto”, dunque, che appare come tessuto su un rigoroso e modulare telaio in cui trama ed ordito derivano direttamente dallo spirito del luogo: l’asse dei binari della vecchia stazione e gli assi prospettici (ad esso ortogonali) verso la Basilica dell’Osservanza che sorge sul colle antistante, generano l’intera griglia compositiva.
Cannocchiale prospettico verso la Basilica dell’Osservanza
Veduta della piazza interna con la facciata del deposito locomotive e i binari della vecchia ferrovia (1848). (Foto autunno 2012)
La griglia prevede un modulo quadrato di interasse 9 m che garantisce un’assoluta flessibilità interna; i vuoti delle corti e delle piazza interna sembrano ispirarsi alle regole tipiche della città storica. L’architetto Mazzini paragona la grande duttilità del reticolo modulare allo spartito musicale: è infatti possibile comporre facendo convivere ritmi rigorosi e improvvise dissonanze, scatti inattesi che, proprio per il fatto di essere inseriti in uno schema regolare, amplificano il proprio valore e ne esaltano la poeticità.
Pianta delle coperture e composizione planimetrica del complesso. Elaborato grafico Baglini, Grazzini, Massoni [2]
Dal disegno delle piante, così come dalle sezioni trasversali, ci si accorge di quanto sia scrupoloso lo studio dei percorsi. La distribuzione dei tracciati svela gradualmente al visitatore le tessere di cui è composto il mosaico planimetrico offrendogli punti di vista sempre nuovi aperti verso il contesto. Emblematici a riguardo sono i corridoi, le passerelle, gli affacci a ballatoio e i balconcini, le rampe e le scale disposte a 45 gradi per semplificare la lettura dello spazio e migliorarne la percezione. Una attenzione particolare è riservata all’illuminazione zenitale, vista la problematica dell’esposizione solare dovuta alle alte mura cittadine; lucernari a cuspide e poliedrici dal gusto scandinavo, proiettano i raggi solari fino agli uffici dei livelli più bassi e alla sala finanza.
Prospetto Sud: sezione sulla scalinata esterna, percorso urbano che attraversa l’edificio. Lucernari, cornicione e differenziazione dei materiali (travertino, alluminio e laterizio). Elaborato grafico Baglini, Grazzini, Massoni
Oltre a questi ambienti e alla ampia hall, gli spazi di relazione e della socialità sono figli dei percorsi: la caffetteria e l’auditorium (il cui foyer ospita una grande tela di Valerio Adami), così come i 500 posti auto dei parcheggi interrati risultano perfettamente collegati con una sensibilità tipica dell’urbanista.
I cannocchiali che si aprono verso la Basilica dell’Osservanza introducono l’altro tema alla base del progetto: la memoria del luogo e l’aderenza al contesto. L’antica presenza ferroviaria viene ricordata mantenendo all’interno della piazza centrale le vecchie rotaie e la facciata ottocentesca del deposito locomotive. Il rapporto con la Basilica antistante che ospita il sepolcro di Francesco di Giorgio Martini è richiamato da una sottilissima citazione: il cornicione della parete che fronteggia la quinta delle mura cittadina ricalca la pianta dei Torricini del Palazzo Ducale di Urbino opera attribuita all’architetto e “ingegnere” senese.
L’auditorium con le travi alveolari per il passaggio degli impianti (Foto primavera 2013)
Memore dell’insegnamento di Peter Smithson, per cui una delle grandi sfide in architettura è costituita dal tempo, anche nella scelta dei materiali si assume la responsabilità della durevolezza con l’ occhio sempre attento e rispettoso di chi progetta nel contesto. La struttura intelaiata in acciaio (e in parte in c.a.) così come i rivestimenti in alluminio alucobond ben si sposano con i più classici materiali costruttivi: pietra e laterizio. Mazzini sceglie infatti mattoni faccia-vista cotti nell’ultima fornace senese sopravvissuta (gli stessi dei vicini caseggiati) e l’autoctono travertino di Rapolano con venature grigio-azzurre per i rivestimenti a monte verso le mura.
Prospetto a valle. A sinistra: le residenze. In prossimità dell’albero: l’accesso principale. In sezione: il parcheggio interrato. Al centro: il vuoto della piazza interna. Elaborato grafico Baglini, Grazzini, Massoni
Per concludere citiamo ancora una volta il pensiero di Peter Smithson: per lui il maggior complimento che si possa fare agli architetti della terza generazione è quando si ritiene che ad un loro edificio serva solo un po’ di abrasione d’uso per scomparire del tutto nel tessuto della città. Come in un’antica poesia in cui mancava una riga, questa è la prova che la riga giusta è stata trovata.
Note:
1. Si ringrazia l’arch. Augusto Mazzini per la cortesia e la disponibilità dimostrate nel facilitare il nostro lavoro di ricerca. Maestro attento, paziente e scrupoloso, ha dimostrato nei fatti che “condividere esperienze” non è solamente uno slogan.
2. I disegni pubblicati sono stati elaborati all’interno delle attività didattiche dell’insegnamento di Disegno dell’Architettura 2 e Metodi di rilievo dell’Architettura, A.A. 2012–13, CdLM Ingegneria Edile Architettura, Università di Pisa.
Bibliografia essenziale:
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Gresleri G., Architettura di un sito, in Parametro, n.234, settembre 2001
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