Il padiglione d’esordio della Santa Sede consiste nella realizzazione di 10 +1 cappelle sull’isola di San Giorgio Maggiore negli spazi della fondazione Giorgio Cini.

La riflessione si presenta come un padiglione diffuso in un’area particolarissima ovvero una porzione della laguna lontana da riferimenti architettonici, un luogo di per sé sospeso e lontano dal traffico turistico, essenzialmente collocato tra acqua e cielo, un bosco di pini, l’odore denso di resina.

I curatori, Francesco dal Co e Micol Forti, hanno proposto a dieci differenti architetti provenienti da tutto il mondo di interpretare il tema della cappella nel bosco, avendo come modello culturale quella di Gunnar Asplund nel cimitero di Stoccolma, di cui sono presentati i disegni originali e modelli in una piccola costruzione di ispirazione alpina realizzata da Francesco Magnani e Traudy Pelzel.

Il padiglione, aperto al pubblico e alla cittadinanza per almeno tutta la durata della biennale, è costituito da 10 differenti progetti realizzati in scala 1:1 che indagano nella loro molteplicità la natura di uno spazio contemporaneo che, con le parole di Asplund, possa divenire luogo di “orientamento, incontro, mediazione e saluto”. Il padiglione stesso si configura quindi nella sua globalità come un percorso a tappe da fruire, o meglio meditare, in maniera libera.

Gli architetti incaricati dei dieci progetti sono: Andrew Berman (USA), Francesco Cellini (Italia), Javier Corvalàn (Paraguay), Eva Prats e Ricardo Flores (Spagna), Norman Foster (UK), Teronobu Fujimori (Giappone), Sean Godsell (Australia), Carla Juacaba (Brasile), Smiljan Radic (Cile), Eduardo Souto de Moura (Portogallo).

Non tutti i dieci interventi risultano essere convincenti alla stessa maniera: personalmente ho apprezzato l’intervento di Carla Juacaba per la sua raffinatezza, La cappella del mattino dello studio catalano Flores i Prats nel suo essere mediterranea e universale allo stesso tempo, e la proposta di Smiljan Radic per aver creato uno spazio in cui la tensione tra la verticalità la concretezza terrena sono ben bilanciate.

 

L’immagine che la Santa Sede sembra voler dare di se stessa è quella di un’entità viva, internazionale, capace di favorire lo scambio con altri tipi di spiritualità (compresa quella atea).

Un commento da chi ha assistito all’inaugurazione? Visto il tenore dell’evento e il numero degli invitati, è stata sicuramente una delle occasioni più esclusive dei due giorni della vernice ovvero un’operazione d’immagine accuratamente concepita sia in termini di mondanità che di qualità del prodotto culturale.